Ma se LA FAMIGLIA mi sembra qualcosa di più della saga televisiva coi capelli che ingrigiscono, se una stelletta mi sento di aggiungerla a quelle del collega di un settimana fa è per le medesime ragioni di cui sopra.

Scola non è un illustratore di situazioni comico - sentimentali, ma un regista. Nel senso che tutta la sua opera, e anche questa sua LA FAMIGLIA che molti vedevano Palma d'Oro a Cannes, si regge su un preciso disegno linguistico. E quindi morale.

Come in un suo indiscusso capolavoro, UNA GIORNATA PARTICOLARE, anche qui l'interno di un ambiente chiuso (e quindi di una coscienza) vive sull'eco di ciò che giunge dall'esterno: la storia, la società che si trasforma. In uno spazio ben circoscritto, qui addirittura in un corridoio sul quale s'affacciano poche stanze, Scola ascolta, reagisce, analizza. Il miracolo, che è poi quello della creazione artistica, fa si che tutto ciò non assomigli ad un esercizio di stile, ad una esercitazione meccanica. LA FAMIGLIA, come molte delle opere di autori giunti ormai al culmine di una carriera, è anche un film commosso, e perché no, nostalgico. Non è un film piagnucoloso, perché perfettamente strutturato. E nemmeno rigidamente composto, proprio perché commosso: è un film che funziona. Grazie, come se ciò non facesse parte del tutto, ad un immenso Gassman: gigione nel sospetto di un attimo, perfetto fino al termine nel suo ruolo di bisnonno.